…. I NUOVI PRIMITIVI ….…
MUSEO DELLA MONTAGNA D'EUROPA PER LA PACE NEL MONDO ATTRAVERSO L'ARTE "IL NUOVO ICARO"… DI VINCENZO BIANCHI …
Museo all'aperto dedicato a
ALBERT EINSTEIN
Cervara di Roma (RM)
CERVARA nel turismo

Sono due le strade che consentono di raggiungere Cervara di Roma. Entrambe costruite tra il 1950 ed il '60, esse si snodano in un regolare pendio attraverso la fitta vegetazione del Parco dei Monti Simbruini da una parte e l'incantevole scenario della valle dell’Aniene dall'altra.La prima inizia da Arsoli, appena fuori di quel paese che ha nei severi bastioni del castello dei Principi Massimo il suo simbolo. Dopo una breve discesa, il nastro d'asfalto comincia a salire in un succedersi di curve che rende quanto mai imprevedibile e proprio per questo ancora più affascinante lo spettacolo della natura che via via appare agli occhi del turista. Ma anche la visione offerta dai tanti comuni che uno dopo l'altro si susseguono lungo il crinale dei monti Ruffi prima e di quelli Prenestini ed Affilani poi, non è di quelle che si dimenticano facilmente.Si è immersi in uno scenario di incomparabile bellezza, di sugge­stioni che conservano ancora il piacere delle cose antiche, di occa­sioni che inducono alla sosta: il pascolo di un gregge, il lavoro del contadino che si ostina a rendere fertile un fazzoletto di terra costi­tuito per lo più da sassi, gruppi di buoi e di cavalli alla costante ri­cerca di ciuffi d'erba.Ed ogni tanto ecco piccoli ruscelli d'acqua, casolari di montagna, ma anche moderni edifici di un villaggio inserito piacevolmente nell'ambiente.Occorre superare abbondantemente la metà del percorso di quasi 15 chilometri che da Arsoli porta a Cervara per cominciare ad assa­porare lo spettacolo offerto da questo gruppo di case costruito a 1050 metri di altitudine. Poi oltrepassata l'ennesima curva, appare la sommità dell'antica Rocca, cui man mano fa seguito il resto del paese, caratterizzato in questo versante da una parete di roccia su cui poggiano gruppi di case. E' l'antico Borgo di Cervara, da dove lo sguardo spazia fino ai monti della Sabina, ed al quale si accede dalla piazza dove termina sia la strada proveniente da Arsoli sia l'altra: quella che inizia a Subiaco.Da questa parte la situazione ambientale si inverte completa­mente: la natura sembra essere meno selvaggia, grazie ad una razio­nale coltivazione dei campi, alla presenza di numerosi insediamenti ed alle conseguenti opere di urbanizzazione. Già quando si arriva a "La Maddalena", che fu in passato luogo di riposo e di ispirazione per numerosi pittori italiani e stranieri, sembra di avere Cervara quasi a portata di mano. E dalla sensazione alla realtà il passo è breve, perché dopo i poco più di 100 metri di una galleria, ecco ap­parire Cervara simile ad "una scultura nel cielo, che al cielo vole­rebbe se l'aria la sostenesse" (Raphael Alberti).Non più pareti di roccia a strapiombo, ma dallo stesso punto di ar­rivo dell'arteria "arsolana", il paese appare di una bellezza ed origi­nalità diverse, con le case costruite in modo da sembrare, specie di notte, un vero e proprio presepe, con scalinate più o meno ripide che penetrano in ogni angolo lasciato libero, con la facciata della chiesa e dell'antico campanile quasi a protezione di quanti vivono d’intorno. "Non so se fino a te si spingono le rondini d'estate" ha scritto ancora di Cervara Raphael Alberti. "Lo chiedo nella valle - continua - nessuno me lo dice. Sei così alta!" E pensare che prima della costruzione di queste due strade, Cervara era raggiungibile solo a dorso di mulo attraverso ripidi sen­tieri di montagna che si inerpicavano dall'uno e dall'altro versante lungo percorsi segnati da coloro che, per motivi diversi, dovevano recarsi a Subiaco, Arsoli ed oltre. Mancavano dunque collegamenti, ma non la fama e la bellezza, tanto che nonostante obiettive diffi­coltà, furono ugualmente numerosi gli artisti ed uomini di cultura che durante il secolo scorso vollero conoscere il paese, i suoi abi­tanti, le sue caratteristiche. Dai loro seppure brevi soggiorni a Cervara, nacquero poi opere che hanno segnato la storia dell'arte, della letteratura e del pensiero. E la tradizione è rimasta, perché sono sempre molti coloro che in ogni periodo dell'anno salgono fin lassù, per lasciare una testimonianza di affetto.

CERVARA nella storia

Sullo stemma di Cervara è raffigurato un cervo nell'atto di spiccare un salto su quel promontorio di roccia che ha dato vita al paese. Del resto, quale altro animale se non il cervo avrebbe potuto vivere tra dirupi pressoché inaccessibili, su crinali di montagna non certo a portata d'uomo? Ma nonostante le particolari caratteristiche del territorio, vi fu chi si avventurò ugualmente tra quelle balze mosso dall'abbondanza di selvaggina e dall'attitudine del terreno al pascolo. Nacquero cosi i primi insediamenti. Ne sono testimonianza alcuni reperti archeolo­gici rinvenuti quasi al confine con Subiaco, in località "Le More". Al di sotto della grande parete di roccia da cui prende nome il luogo, è infatti possibile vedere numerosi frammenti di ceramica con caratteristiche uguali a quelli scoperti in centri vicini e che gli esperti hanno attribuito all'età del bronzo.

Tetti di Cervara


Ma anche durante il periodo romano vi fu chi non disdegnò di utilizzare il territorio di Cervara per collegamenti viari tra l'Abruzzo e Subiaco, alla luce delle testimonianze archeologiche ancora presenti specialmente in loca­lità Vignola. Però, se da un lato queste presenze contri­buiscono notevolmente ad inquadrare in un certo periodo i primordi del territorio, dall'altro poco o nulla ancora si sa sulla na­scita del comune. Il primo documento in cui viene citato il nome di Cervara è riportato nel Regesto Sublacense con la data del 21 agosto 884 ed il numero 6. Si tratta dell'atto con cui Cesario, console e duce, donò all'abate Stefano vari possedimenti del territorio sublacense, tra cui, appunto il monte "qui dicitur Cervaria. Un atto che costituirà anche quello di nascita di Cervara. Bisognerà tuttavia attendere il 1052 per avere una data certa, quando il nome viene citato, tra altri ventitre castelli di proprietà dei monaci di Subiaco, nella lapide che l'abate Umberto fece apporre nel chiostro del monastero di Santa Scolastica. Fu così che a partire da quell’anno anche Cervara partecipò atti­vamente alle vicende che caratterizzarono la vita del territorio, su­bendo i danni conseguenti alle continue battaglie tra i pretendenti al dominio della zona. Come, ad esempio, quando nel 1273, in se­guito alla fuga dell'abate Enrico della Montagna, Pelagio da Jenne, dopo aver inutilmente tentato di farsi eleggere abate, riuscì ad occu­pare con 1’inganno la fortezza di Cervara. Forte della posizione pressoché inviolabile del castello, egli si proclamò ugualmente abate e come primo provvedimento esonerò gli abitanti di Cervara dal pa­gamento delle imposte, ma solo per accattivarsene l'animo. Il provvedimento non diede però i frutti sperati, per cui Pelagio da Jenne. riunito intorno a sé un gruppo di uomini senza scrupoli, co­minciò ad imperversare su tutto il territorio fino ad occupare notte tempo il monastero di Santa Scolastica, facendo imprigionare i mo­naci che vivevano nel cenobio e lasciandoli morire di stenti. Ma pro­prio quando credeva di aver ormai imposto il proprio dominio, Papa Innocenzo V mandò contro Pelagio un esercito di sublacensi che attaccò il castello di Cervara: ci vollero due mesi perché potes­sero aver ragione di Pelagio che, fatto prigioniero insieme con i suoi uomini, venne condotto nella rocca di Subiaco dove morì. Fu così che Cervara e l'Abbazia poterono riprendere la loro nor­male vita di tutti i giorni. Si arriva al 1511, anno in cui diffusasi la falsa notizia della morte di papa Giulio II, Pompeo tentò di porsi a capo degli abitanti di Cervara. Tornato però Giulio II ad occupare il trono di Pietro, Pompeo venne dichiarato colpevole di lesa maestà e quindi privato del titolo di vescovo e di tutti i benefici ecclesiastici. Non trascorsero neppure settant'anni che Cervara fu chiamata a vivere un'altra tra­gedia. Ne fu protagonista il brigante Marco Sciarra, il quale nell'aprile del 1592 insieme ai suoi uomini assalì il piccolo centro di montagna procurando ingenti danni e molti morti. Dopo queste ulteriori vicende, la fortezza di Cervara andò via via perdendo d'importanza e neppure valsero i tentativi di papa Pio VI di procedere a sostanziali restauri. Riuscì invece il pontefice a costruire la chiesa parrocchiale ed a dotarla di libri e preziosi arredi, donandole il corpo di un martire, San Felice, rinvenuto nelle catacombe romane di San Callisto, e condonando inoltre alla popolazione le quote arre­trate relative al mancato pagamento della tassa sul macinato.

CERVARA nell'arte

Si può dire che l'arte a Cervara sia sempre stata di casa: sin da quando verso la fine del 1700 ed i primi anni dell’800 le varie regioni italiane divennero mete ambite di artisti stranieri, desiderosi di immortalare sulle loro tele gli affascinanti paesaggi italiani e la bel­lezza delle donne. Ad essere raggiunta da questi uomini armati di tavolozza fu natural­mente anche la campagna romana, in parti­colare i centri, piccoli e grandi, in cui mag­giori erano le bellezze paesaggistiche, le va­rietà cromatiche, le caratteristiche ambientali. Tra i primi pittori ad arrivare a Cervara fu nel 1810 Giuseppe Antonio Kock in contemporanea con Bartolomeo Pinelli che del co­mune immortalò soprattutto i costumi delle sue donne. Seguirono poi Gaetano Cottafavi, Filippo Ferrari, Ernest Schweinfurth e Samuel Finley Breese Morse, 1’inventore del telegrafo. Quest'ultimo giunse a Subiaco l'11 maggio del 1830 insieme con altri pittori. Il 24 mag­gio, caricati i bagagli su due muli, il gruppo mosse alla volta di Cervara, "C'è qualcosa di stranamente maestoso - osservava Morse -nella calma di un posto come questo. Vi regna, per lo più, un silenzio perfetto". Fu poi la volta dell'austriaco Roberto Welmann, il quale acquistò in con­trada "la Maddalena" una villa in cui visse ed operò per alcuni anni. Ma colui che più degli altri esaltò la bellezza delle donne di Cervara fu Ernest Hebert. Innamorato delle ''cervaroles”, fu il cantore di ogni loro espressione, di ogni loro gesto, fino ad entusiasmarsi nella realizzazione di una grande tela fatta venire espressamente da Roma. Superati gli avvenimenti del secondo conflitto mondiale, Cervara anche nell'arte volta pagina. Si organizzano mostre di pittura estem­poranea, si assiste ai primi tentativi di realizzazione dei murales fino ad arrivare al 1984 quando, grazie al lavoro ed all'impegno di un gruppo di allievi dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, guidati dal professor Vincenzo Bianchi, è stato possibile realizzare la "Scalinata degli Artisti": un'opera di grande valore artistico, valorizzata dalle sculture sistemate lungo il suo percorso e dalle poesie incise sulle pareti della roccia. Di quella stessa roccia sulla quale nel 1986 in soli 26 giorni altri allievi del professor Bianchi scolpirono colombe, gufi, serpenti e figure mitologiche e dove nel 1991 prese vita la "Montagna d'Europa" dedicata alla pace nel mondo.

Cervara: Particolare della “Montagna d’Europa”

Attraverso la scultura Cervara è dunque nuovamente diventata punto di riferimento nel campo artistico. Una caratteristica cui nel 1991 ha conferito ancora maggior valore la realizzazione di 14 mu­rales lungo le sue stradine: nel breve volgere di una settimana altret­tanti pittori provenienti da varie regioni d'Italia, hanno dato forma ad un caleidoscopio di immagini ispirate sia alle sensazioni che loro stessi andavano percependo, sia alla persona (o episodio) cui era de­dicata la strada in cui operavano. Insieme con i murales sono con­temporaneamente apparse nuove composizioni poetiche, incasto­nate nelle pareti, quale continuazione, della tradizione artistica di Cervara.